Descrizione
Ospitato nell'antico Monte di Soccorso, è stato inaugurato nel 1982. Si dispone su due piani e conserva numerosi e preziosi reperti rinvenuti non solo nel territorio di Villanovaforru, ma anche nei paesi limitrofi. La prima sala mette in mostra gli oggetti dell'epoca nuragica ritrovati tra gli ambienti del villaggio ed in particolare il ricchissimo corredo proveniente da una singola abitazione, la casa a corte centrale Le vetrine della saletta posteriore contengono frammenti di oggetti datati dal XVI al XIV secolo, con una serie di riproduzioni che ricostruiscono le varie forme. Nella saletta d'accesso al piano superiore, è posizionato il plastico che riproduce la collina di Genna Maria con il complesso nuragico e le sue vetrine contengono reperti provenienti da varie aree della campagna di Villanovaforru. La sala prenuragica ospita reperti databili a partire dal III millennio avanti Cristo, rinvenuti in diversi comuni della Marmilla. La sala Pinn'e Maiolu, conserva le testimonianze dell'omonimo villaggio nuragico, frequentato almeno sino all'epoca altomedievale. La grande sala del piano superiore è dedicata ai ritrovamenti punici e romani effettuati con gli scavi del nuraghe di Genna Maria e da altre aree del territorio comunale e dei paesi circostanti. La sala medioevale conclude l'excursus storico del museo. Di fianco al museo archeologico si trova la Sala Mostre Temporanee, una vecchia casa con cortile e loggiato, riadattata per esposizioni culturali di vario genere, provvista inoltre di sala proiezioni e book shop. Per visitare il sito web del Museo Genna Maria clicca qui.
La sala nuragica
La prima sala, al piano terra, custodisce oggetti ritrovati tra gli ambienti del villaggio nuragico di Genna Maria ed in particolare il ricchissimo corredo della cosiddetta "casa a corte centrale", un'abitazione composta da più vani che si aprono sul cortile interno. Risalgono all'Età del Ferro e dunque databili al IX-VIII secolo avanti Cristo. Prevalentemente sono utensili di uso domestico, in pietra e ceramica e sono rari gli esempi in metallo. Tra le varie forme: piatti e vasi da cucina, tra i quali alcuni con parti divisorie che consentivano di disporre più alimenti; brocche col manico cavo e beccuccio, per bere a garganella; enormi contenitori chiamati "ziri", per la conservazione dei cereali; macine e macinelli in basalto; le "pintadere", ovvero gli stampi utilizzati per la decorazione del pane votivo, sacro, quello che ancora oggi chiamiamo "su pani pintau", che si prepara in occasione delle feste; fusaiole, a testimoniare l'attività femminile di filatura della lana; portabraci, particolari utensili col manico che permettevano il riscaldamento degli ambienti privi di focolare; fornelli portatili, per riscaldare il cibo e l'acqua; lucerne, per l'illuminazione notturna. Tra gli oggetti più insoliti, è da segnalare una piccola olla con beccuccio, ritrovata in quella che forse era la stanza per il riposo notturno e che potrebbe essere interpretata come biberon per l'allattamento dei neonati. Un aspetto assai importante ovviamente ricopriva la sfera del sacro ed alle celebrazioni erano destinate delle anfore alquanto particolari, chiamate "vasi piriformi", ricchi di decorazioni geometriche, simboliche ed antropomorfe, a segnalare il forte legame con le divinità e gli antenati passati a miglior vita
La sala prenuragica
In questa sala, posta nel nuovo piano superiore, sono conservati reperti provenienti da varie aree della Marmilla, territorio frequentato dall'uomo, sin dal V millennio avanti Cristo. Tra gli oggetti più significativi abbiamo il notevole portabrace ritrovato presso il villaggio nuragico di Brunku Madugui, sulla Giara di Gesturi, un insediamento composto da case a corte, sviluppatesi intorno ad un arcaico nuraghe a corridoio, sulla cui terrazza vennero costruite alcune capanne. Dalle tombe dei giganti di Quaddu Nixias a Lunamatrona e S'omu 'e s'orku a Siddi, provengono purtroppo solo ceramiche in frammenti, testimonianti interessanti decorazioni geometriche a pettine, che ritroviamo molto simili in un grande vaso biansato, detto pisside, con collo rientrante; questo è stato rinvenuto per intero, benchè frammentato, in una delle tombe di Sa sedda e' sa caudeba a Collinas, che ha restituito anche altri oggetti dei corredi funerari, quali un pugnale in bronzo e monili in osso e in pasta vitrea. Notevoli anche le situle con scanalature, rinvenute nella domus de janas di Scab'e arrius di Siddi, che conservava anche resti degli inumati, associati ad ossa di animali
La sala Pinn'e Maiolu
Inaugurata in occasione dei trent'anni del museo, è una saletta che contiene i ritrovamenti effettuati all'interno dell'area archeologica di Pinn'e Maiolu, ubicata nell'immediata periferia del paese a brevissima distanza, dalle esposizioni archeologiche. Da essa proviene una gran quantità di strumenti in pietra, di vario utilizzo e tra le diverse attività , dovette esserci anche quella di fusione dei metalli, di cui, tra i rari oggetti, abbiamo una lama in rame che pare seghettata ed inzialmente interpretata proprio come piccola sega; un attento esame però, ha rilevato che la dentellatura è il prodotto della corrosione. Tra i reperti di epoca punica, alcune anfore da trasporto, di cui una con la lettera H incisa, che potrebbe indicare il tipo di contenuto conservato all'interno. Considerevole è una grande vasca in pietra purtroppo non più integra, che molto probabilmente aveva funzioni cultuali ed attribuibile al IX-VIII secolo avanti Cristo. Suggestiva è la supposizione avanzata riguardo all'uso di un bacile circolare in pietra, simile a quelli che si trovano all'interno di alcune abitazioni del famoso complesso nuragico di Barumini; l'ipotesi suggerisce che questi piccoli vani circolari, dotati di forno e lungo i quali corre un sedile interno, fossero delle "capanne del sudore" dove ci si rigenerava con l'aria calda prodotta dall'acqua contenuta nel bacile, in cui venivano immerse delle pietre arroventate, alla stregua di un bagno turco
La sala punica e romana
Il grande vano centrale del piano superiore, ospita diversi ritrovamenti compiuti in alcune località della Marmilla, principalmente corredi funerari provenienti da tombe ad inumazione ed incenerizione: monili in metallo, unguentari e balsamari in vetro e ceramica, vasi da mensa e gli oboli in forma di monete, che il defunto recava in mano o in bocca, per pagare il pedaggio verso gli Inferi. Uno spazio è dedicato alle tecniche di conservazione e trasformazione prodotti dell'agricoltura, attività prevalente di questo territorio, con l'esposizione di diversi modelli che hanno segnato l'evoluzione tecnologica del lavoro di macinatura dei cereali I ritrovamenti più consistenti sono i numerosissimi oggetti legati al culto, rinvenuti nel cortile e nel mastio del nuraghe, trasformato in santuario dal IV secolo a. C. al V secolo dopo Cristo: centinaia di lucerne votive dell'epoca romana repubblicana ed imperiale, queste ultime dette "sigillate", perché riportano il marchio di fabbrica, si contraddistinguono per le pregevoli decorazioni; oltre 250 monete, offerte alla cura del tempio; incensieri e bruciaprofumi, detti kernos, che si portavano sul capo in occasione dei cerimoniali; una mascherina d'oro, forse a rappresentare la dea Demetra, alla quale ci si affidava affinché propiziasse il buon raccolto; specchietti in bronzo; foglie auree e d'argento. Il sacrificio animale che veniva praticato nel cortile del nuraghe, è testimoniato da un piccolo cumulo di ossa combuste, soprattutto ovine
La sala medioevale
L'ultima saletta è allestita con reperti di epoca medioevale, provenienti da varie aree della Marmilla; si tratta prevalentemente di frammenti ceramici, frutto di indagini e scavi archeologici, rinvenuti anche in aree nuragiche frequentate anche in epoche storiche, come il caso di alcune parti di un contenitore pregiato, in gres, utilizzato per il trasporto di alcolici. Alcune riproduzioni di brocche, scodelle, piatti, danno l'idea dell'utilizzo di varie forme smaltate e decorate con vivaci colori e fantasiosi disegni, frutto di produzione locale, ispanica, nordeuropea ed italiana. Un pezzo particolare, in arenaria, caratterizza la vita religiosa della comunità di Villanovaforru: si tratta della parte posteriore che rimane della raffigurazione di un elefante, che potrebbe essere il sostegno di un'acquasantiera, forse proveniente dalla perduta chiesa rurale di San Sebastiano, che rimase in attività per circa due secoli e scomparve tra la fine del Settecento e gli inizi del periodo successivo